CENNI STORICI

 

Laterza è un piccolo centro della Provincia di Taranto, al confine tra la Puglia e la Basilicata. Situato a 340 m sopra il livello del mare, fa parte del più ampio territorio delle ‘Gravine’, che attraversa tutto l’arco jonico – tarantino fino alla Murgia Barese e a quella di Matera.
Le gravine sono delle profonde incisioni nella roccia carsica, costituite da torrenti parzialmente asciutti e pareti rocciose molto ripide. La gravina di Laterza rappresenta uno dei più esemplari grand canyon di questo paesaggio, lunga circa 12 km e in alcuni tratti profonda più di 200 m, larga circa 500 m.
La presenza diffusa di grotte e cavità naturali ha fatto sì che per intere generazioni la vita di pastori, contadini, monaci ed eremiti, uomini e donne di questa terra fosse caratterizzata dall’abitare in grotta, scavando le loro case direttamente nella roccia e realizzando una particolare architettura ‘in
negativo’ .


Le prime testimonianze umane risalgono all’Eneolitico o Età del Rame (IV-III millennio a.C.).
A seguito della scoperta archeologica (1966) di tombe sotterranee scavate nelle roccia e dette appunto “a grotticella”, gli archeologi definirono facies di Laterza la cultura che, durante la fase finale dell’eneolitico e la prima età del Bronzo (2900-2300 a.C.), viveva in questi luoghi e in altri contesti pugliesi molto simili per gli usi e i materiali prodotti.
In epoca storica il territorio era occupato dai Peucezi, la popolazione indigena stanziata nella Puglia centrale, che fino all’arrivo dei Romani produsse una cultura propria e ben distinta dalle colonie greche dell’ Italia meridionale. Tuttavia, l’influenza della città di Taranto, che dominava
ed esercitava il proprio controllo su tutto l’arco ionico da Metaponto a Gallipoli, era abbastanza evidente; per accorgersene basti vedere i ritrovamenti ceramici di Laterza custoditi al MARTA, Museo Archeologico Nazionale di Taranto.
Un’importante traccia di età romana è la presenza ravvicinata di Laterza alla via Appia, la principale strada del mondo romano che collegava Roma a Brindisi. La maggior parte del tratto antico è ricalcato dalla Appia moderna, però sono ancora visibili in alcuni punti elementi del tracciato romano, come per esempio la “fontana del Candile”.


Laterza sorse intorno agli ultimi decenni dell’XI secolo, in una posizione strategica sull’orlo della gravina per difendersi dalle possibili incursioni saracene. Secondo le fonti storico – archivistiche, ai tempi della dominazione sveva di Federico II, Laterza possedeva anche una cinta muraria ed un castello. Il piccolo borgo fu fortificato però con un nuovo castello solo in epoca tardo medievale (1393) sotto la dominazione angioina.
Con l’avvento della monarchia aragonese nel Regno di Napoli, il feudo di Laterza passò dal 1497 fino al 1655 in possesso della famiglia spagnola dei d’Azzia. Divenendo i signori e Marchesi di Laterza, trasformarono il castello medievale nella loro dimora rinascimentale. Per mancanza di una
successione diretta maschile, il feudo venne ereditato, dopo brevi passaggi familiari, ai Perez Navarrete, che saranno i padroni incontrastati di questo territorio dalla metà del 600 fino al primo decennio dell’ 800, quando grazie all’estensione del codice napoleonico venne abolito il sistema
feudale in tutta l’Italia meridionale.


Nel Novecento Laterza, in particolare nell’area di ‘Montecamplo’, svolse un ruolo strategico nell’ambito del secondo conflitto mondiale per essere stata una zona di avvistamento e attacco, prima da parte dei tedeschi e poi degli alleati anglo-americani. In seguito, durante la guerra fredda, gli americani occuperanno la stessa area per farne un campo militare di lancio missili verso il continente sovietico.



 

ATTRATTIVE STORICO – CULTURALI

 

L'Habitat rupestre

 

La peculiare conformazione geomorfologica del paesaggio delle ‘Gravine’ ha determinato lo sviluppo di una cultura rupestre estesa su una vasta regione che comprende insieme i territori della provincia di Taranto, Bari e Matera. Per conoscere affondo la storia di questo paesaggio bisogna percorrere un itinerario che conduce dai ‘Sassi’ di Matera al Parco Nazionale dell’Alta Murgia fino ai paesi più a sud di Taranto. Si tratta quindi di un Museo diffuso dell’Habitat Rupestre, in cui i segni degli abitanti di questa terra sono riconoscibili attraverso le case scavate nella roccia o semplicemente adattate alle cavità naturali già presenti. Cripte, piccoli monasteri e lauree eremitiche caratterizzano tutti gli insediamenti rupestri, in cui gli affreschi sono la testimonianza più evidente dell’influenza della cultura e dell’arte bizantina sviluppatasi in epoca altomedievale e conservatosi fino ai secoli successivi.


Laterza assume un ruolo di interessante rilievo per le dimensioni dell’insediamento rupestre. Nella zona fuori le mura, che si estende tra il Santuario Mater Domini e la lama che delimita il centro storico, sono presenti più di 20 ambienti utilizzati come chiese o luoghi di culto. Sono esemplari la cripta di Santa Domenica inglobata ora all’interno del Santuario Mater Domini, le chiese rupestri di San Antonio Abate, Cristo Giudice, San Giorgio, San Giacomo, San Vito e quella di San Pietro in seguito trasformata e ora conosciuta come la “Cantina Spagnola”.


Cantina Spagnola


Tra le varie chiese rupestri a ridosso della lama attraversata da via Concerie, la “Cantina Spagnola” spicca per le sue particolarità che la rendono unica nel suo genere. È difficile definirla una chiesa rupestre perché sono presenti affreschi sacri e profani e perché fu utilizzata prima come luogo di culto cristiano poi come sala di riunione segreta dei cavalieri dell’Ordine degli Alcantara.


L’ambiente interno completamente scavato nella roccia è diviso in tre parti: la prima come anticamera di fronte all’ingresso, la seconda come sala centrale e la terza su fondo, oltre un divisorio con tre entrate.
Per la varietà e la complessità delle decorazioni pittoriche e scultoree e per una mancanza assoluta di confronti non si riesce a leggere e interpretare con chiarezza il significato delle rappresentazioni. Il visitatore appena entra nella grotta, si vede subito avvolto da un’atmosfera di fascino e mistero: dalle pareti risaltano agli occhi figure di soldati con spadoni e archibugi, ecclesiastici cattolici, cavalieri e donne in amore ma anche sculture scolpite ad altorilievo, come quella di un emblematico faccione che sembra un grande monaco ritratto a mezzo busto dai lineamenti facciali che incutono timore e paura.


Il ciclo pittorico si sviluppa come un cartiglio, a partire dalla parete sinistra dell’ingresso lungo tutto il muro perimetrale. In alto corre una fascia bianca, posta al limite tra il soffitto e la parete, che con un’iscrizione didascalica aiuta a comprendere la sequenza di affreschi che si svolgono senza continuità. Nell’iscrizione della sala centrale viene indicata la datazione del 1664, anno in cui il feudo laertino apparteneva ad Antonio Perez Navarrete, sposatosi con l’ottava marchesa di Laterza, Ippolita Albertini D’Azzia. La conferma che furono proprio loro a far realizzare quest’ambiente così spagnoleggiante è data anche dalla rappresentazione degli stemmi riferibili ai marchesi Perez Navarrete, i quali erano cavalieri dell’Ordine degli Alcantara. In conclusione, la lettura del lungo cartiglio seicentesco fa intendere che gli affreschi e gli altorilievi avessero una funzione didattica e questi ambienti fossero utilizzati come luogo di iniziazione ed investitura dei cavalieri.


L’enorme quantità di figure disegnate e la dovizia dei particolari con cui sono rappresentati i costumi, le armi, le acconciature, i cappelli, le fibbie, le cinture, le scarpe, le stoffe e i decori sorprende il visitatore, facendogli rivivere un vero e proprio spaccato della vita del ‘600 a Laterza.


Chiesa matrice di San Lorenzo


Situata nel cuore del centro storico, la chiesa matrice fu dedicata a San Lorenzo Martire. La dedica al santo protettore dei figuli non deve essere stata casuale, perché all’epoca Laterza era già conosciuta per la sua produzione ceramica. Venne costruita tra il 1404 e il 1418 e consacrata nel 1673.


La facciata, in stile tardogotico, si caratterizza con linee concave e convesse, un rosone centrale a “ruota di carro” e due laterali più piccoli che
sormontano delle lunette ad arco con gli affreschi della Mater Domini. In Puglia si possono trovare altre facciate molto simili, come quelle un po’ più tarde di Mottola (1507), Maruggio (1519), Manduria (1532) e quella quasi contemporanea della Cattedrale di Ostuni. Il campanile anticamente sorgeva a sinistra della chiesa presso l’abside del S.S. Sacramento; crollato a causa del terremoto, fu ricostruito sul lato della sacrestia in stile neoclassico.


L’impianto basilicale è a tre navate diviso da due file di colonne che sostengono il tetto in legno a capriate. Originariamente, le colonne erano più snelle e rivestite di stucco, mentre al disotto del tetto vi era un controsoffitto ad “incannucciata” riccamente decorato. La navata centrale ha ampiezza doppia rispetto a quelle laterali sulle quali si affacciano le cappelle. All’interno sulle pareti in controfacciata è ancora possibile ammirare una serie di affreschi datata agli inizi del ‘500. Sono rappresentati soggetti iconografici che erano presenti nelle antiche chiese rupestri e qui riuniti in un unico ciclo pittorico per raccogliere le diverse devozioni sparse in varie contrade. Il presbiterio, rialzato e tripartito, presenta nel vano centrale l’altare marmoreo.


Di notevole pregio sono le numerose tele settecentesche, tra cui quelle del pittore laertino di scuola napoletana, Andrea Giannico: Ultima Cena, Natività, Deposizione della croce, Martirio di S. Flavia, Decapitazione di S. Placido, Vestizione sacra e Tre storie di S. Benedetto.

 

La fontana cinquecentesca dei d'Azzia


La fontana, situata in via Concerie, è datata al 1544 e presenta lo stemma di Pietro Antonio I d’Azzia, con i simboli araldici paterni dei d’Azzia e materni dei Brancaccio. L’acqua giunge all’edificio della fontana dalla sorgente presente al di sotto del Santuario Mater Domini, raccolta e incanalata attraverso un lungo acquedotto sotterraneo. Quest’opera architettonica si è rivelata di fondamentale importanza per intere
generazioni, tanto che fino all’introduzione dell’acquedotto pugliese ha rappresentato il principale punto di approvvigionamento idrico del paese. La fontana, con nove cannelle, di cui una con mascherone in pietra e le altre con mascheroni in bronzo, distribuisce l’acqua
incanalandola in diversi settori e vasche. Le prime vasche sui due lati dell’edificio erano utilizzate per l’approvvigionamento dell’acqua potabile. Nella seconda vasca più grande ed estesa si abbeveravano i cavalli e gli altri animali. Ed infine l’acqua, prima di incanalarsi nel canalone di scolo verso la gravina (detto “sciuvilo”), defluiva nella terza vasca che era utilizzata dalle popolane come lavatoio dei panni.

Chiesa di Santa Maria La Grande


La chiesa, datata al 1112, fu voluta dalla contessa Matilde, moglie del conte Alessandro di Loffredi e fondatrice dell’Ordine dei Benedettini.
Nel 1064 i Loffredi si insediarono nella contea di Matera, ottenendo dal Duca di Puglia, Roberto il Guiscardo, la città di Matera e i Casali, compreso quello di Laterza. La moglie del conte, Matilde, fece delle grandi elargizioni ai monaci benedettini o cistercensi per costruire l’Abbazia di S.M. la Grande con la chiesa annessa. Oggi, però, dell’antica Abbazia è rimasta soltanto la chiesa.
Una lastra marmorea collocata sulla porta d’ingresso in controfacciata, riporta la data di fondazione, il nome della sua benefattrice e il nome del primo Abate, Giovanni.
La chiesa in stile romanico ha pianta a tre navate e tre absidi. Il portale centrale è sovrastato da una bifora, con archetti ciechi e lesene, e da alcuni elementi barocchi come i pinnacoli cantonali, aggiunti nel restauro dell’800’.
All’interno le navate centrali si illuminano grazie a due lucernari rotondi che permettono di ammirare i resti di antichi affreschi.
Colonne con capitelli sostengono una serie di cinque archi per lato, che separano la navata centrale da quelle laterali. Di notevole pregio un fonte battesimale del XII sec.; si tratta di una vasca medioevale decorata da sculture a rilievo che rappresentano monaci e saraceni intenti a contendersi una fune. Nel catino dell’abside centrale vi è un altare in marmo, in sostituzione dell’originario in pietra, e un affresco dell’Assunta in cielo circondata da Angeli.
Nella chiesa è collocata la statua della Madonna del Carmine, protettrice degli artigiani, e per tradizione ogni anno il 16 Luglio si svolgono i festeggiamenti in suo onore.

 

Convento e Chiesa di Santa Maria degli Angeli


Il convento venne fondato nel 1537 e dedicato a Santa Maria degli Angeli in una zona ricca di grotte e cavità, lontana dal centro abitato.
Accanto venne edificata la Chiesa ancora oggi esistente e aperta ai fedeli solo in rare occasioni.
La chiesa fu consacrata nel 1676 dal laertino Don Francesco Antonio Gallo, vescovo di Molfetta, e conserva all’interno una mattonella maiolicata con il suo stemma vescovile: un’aquila con due teste e sotto il gallo, blasone proprio della sua famiglia.
Si presenta con una navata centrale e una sola laterale, con volta a crociera. Nelle scelte decorative, nei suoi stucchi e orpelli ci sono forti richiami al barocco leccese.
Nella navata laterale si trovano due splendidi altari seicenteschi in legno, con colonne a torciglione e capitelli dorati, che mettono in evidenza la grande maestriabarocca nella lavorazione del legno. Gli altari, inoltre, conservano in teche di vetro alcune reliquie di santi.
A destra dell’ingresso, una cappella della famiglia marchesale ospita il sarcofago di Giuseppe Perez Navarrete e la tomba di Isabella Spinelli dei principi di Tarsia.
Di notevole interesse, infine, il dipinto della Madonna Pastora attribuito alla scuola del pittore Fenoglio.

 

Chiesa del Purgatorio


La chiesa del Purgatorio, chiamata anticamente “Immacolata Concezione di Maria SS. ed Anime Sante del Purgatorio”, sorge nel XVIII sec. nei pressi della ‘Porta della Fontana’.
In stile rococò con elementi neoclassici, la chiesa è decorata con cornici a rilievo e stucchi. Ha una pianta a croce greca e tre altari con intarsi marmorei. All’interno erano allocate quattro tele rappresentanti i santi evangelisti, Giovanni, Luca, Marco e Matteo e una tela di S. Michele Arcangelo, molto simile a una
copia celebre di Guido Reni (tele che attualmente si trovano nella Chiesa di S. Lorenzo).
Una balaustra in marmo intarsiato chiude l’abside che a sua volta è sovrastato da una cantoria lignea dove anticamente c’era un lussuoso organo. Il pavimento del presbiterio era in cotto maiolicato di fine del Settecento.
La Chiesa è stata chiusa al culto nel 1935 perché ritenuta inagibile e di recente trasformata in Auditorium comunale.

Santuario di Maria SS. Mater Domini


Il Santuario dedicato alla Santa Patrona di Laterza, Maria S.S. Mater Domini, è il fulcro della devozione e della religiosità laertina. La storia del santuario nasce con le apparizioni mariane verificatesi a Laterza nel 1650. La prima e più importante apparizione miracolosa fu quella del 23 marzo del 1650 a Paolo Tria, ‘massaro’ del bestiame del Marchese Giovan Battista III d’Azzia. Il pastore, vedendo le pecore perire a causa del rigido inverno e angosciato per la reazione del suo padrone, cercò di ripararsi con il gregge all’interno dell’antica chiesa rupestre di Santa Domenica, in una zona fuori le mura piena di grotte e cavità naturali. Fu così che, pregando e raccomandando al Signore le sue sorti, la Madonna apparve a Paolo Tria, salvandolo dalla morte delle pecore e dall’ira del Marchese. A quest’apparizione ne seguirono altre e ben presto la grotta del miracolo divenne un luogo santo, meta di pellegrinaggio.
La costruzione dell’edificio avvenne tra il 1736 e il 1753 per volontà di Papa Urbano VIII e grazie alle numerose oblazioni dei fedeli.
La chiesa superiore, a forma di croce latina, è in stile neoclassico con lievi influenze barocche.
Nella parte inferiore del Santuario, vi è la cripta dell’apparizione, a cui si accede dal sagrato o dalla navata della chiesa superiore. Scavata nella roccia, la cripta di Santa Domenica è stata ristrutturata nel 1912 con pilastri e archi a tutto sesto in carparo, su progetto dell'ingegnere Domenico Oronzo Galli.
La chiesa, a tre navate, presenta tre altari: uno eretto davanti all'immagine della Mater Domini; l'altro davanti all'affresco dell'incoronazione della Vergine, con le anime del Purgatorio; l'altro ai piedi dell'immagine di san Girolamo in penitenza.
Veri tesori d'arte bizantina, sono i due preziosi affreschi della Mater Domini e di Santa Domenica o Ciriaca. Quest'ultimo dipinto è precedente a quello della Mater Domini che, dopo i recenti restauri, è stato datato alla fine del Duecento. L’affresco della Madonna presenta l’iconografia della Vergine “che guida” (dal greco odigitria) ed è stilisticamente riconducibile alla cerchia del pittore Rinaldo da Taranto.
Di epoca recente gli affreschi, che formano il restante corredo iconografico della chiesa, sono del pittore romano Giuseppe Ciotti, esiliato politico a Laterza durante la seconda guerra mondiale.


PALAZZO MARCHESALE


Il Palazzo Marchesale è un castello a pianta quadrangolare con le caratteristiche difensive dei fortilizi del XVI secolo.
Presentava gli ambienti residenziali e di rappresentanza al primo piano e quelli di servizio al piano terra con un cortile interno, centrale e all’aperto. All’interno si accede da due grandi portali, uno a Sud, verso il centro abitato, e l’altro a Nord, seguito da un’altra apertura nelle mura. Il portale Nord, chiamato ‘Porta del Castello’, non era solo l’ingresso del Palazzo ma anche la seconda delle tre porte principali del borgo di Laterza.
Gli altri varchi di accesso alla città erano costituiti dalla ‘Porta del Piano’ (demolita nel 1826 per edificare l’attuale Municipio), dalla ‘Porta della Fontana’ e da una terza piccola porta secondaria verso Sud a ridosso della ‘lama’.
Una prima fortezza normanno-sveva doveva esistere già ai tempi dell’imperatore Federico II, perché in un documento del 1246 Laterza viene citata come ‘castrum de Tertia’, cioè come cittadella fortificata.
La facciata dell’ingresso nord è molto importante per capire le diverse trasformazioni che il monumento ha subito prima di diventare un Palazzo cinquecentesco, perché con la porta, il fossato e il tratto di mura superstite si possono vedere le strutture originarie del castello.
Il portale è gotico, a sesto acuto, e l’iscrizione sulla modanatura dell’imposta della porta ricorda la data di edificazione del 1393 e i costruttori del castello. Le fenditure ai lati del portale testimoniano l’uso di un ponte levatoio, in seguito eliminato e sostituito da un terrapieno. Il fossato era profondo 4 metri, mentre le mura si alzavano per 5 metri dal livello stradale ed erano coronate da una possente merlatura di tipo “guelfo”. La merlatura, ancora visibile per un breve tratto, è caratterizzata da lunghe feritoie verticali disposte a merli alterni, da dove gli arcieri o i soldati di guardia potevano attaccare il nemico in agguato. Questi elementi, la presenza di una torre nell’angolo sud e l’imponenza della cortina muraria di 40 metri per lato dimostrano che si trattava di una fortificazione ben strutturata e organizzata dal punto di vista difensivo.
Lo stemma del 1548 di Giovan Battista I d’Azzia e della moglie Giulia di Capua, posto più sopra all’iscrizione tardo medievale, documentano la fase cinquecentesca in cui il vecchio castello venne trasformato in un palazzo residenziale tardo rinascimentale.
Le maggiori modifiche furono la creazione di nuovi appartamenti attraverso la sopraelevazione del piano nobile del lato Nord e Ovest e la relativa scalinata d’accesso principale. Le nuove aperture e finestre realizzate sul lato nord evidenziano come questa facciata aveva ormai perso il suo carattere difensivo. Nello stesso fossato, inoltre, furono scavate delle sale ipogee utilizzate come frantoio per la produzione di olio d’oliva.
Il Palazzo, infatti, oltre ad essere una dimora a carattere signorile, fu soprattutto un centro di gestione del potere e delle risorse territoriali, un nucleo di razionalizzazione della produzione agricola del feudo laertino.
A causa dei numerosissimi interventi che l’edificio ha subito nel corso dei secoli, non è semplice comprendere le funzioni originarie degli ambienti. Nel Novecento, in particolare, l’intero complesso, essendo stato affittato e abitato da tanti piccoli nuclei familiari, perse completamente la funzione di dimora nobiliare e venne stravolto con aperture, muri divisori, e ogni sorta di modifica strutturale degli interni, per la creazione di tante stanze indipendenti.
Il “Libro Mastro” dell’Archivio Perez Navarrete è sicuramente la fonte scritta più importante per conoscere e approfondire tutte le stratificazioni e la storia di questo complesso monumentale. Una parte di questo Archivio, depositato dal 1997 presso l’Archivio Storico di Taranto, è costituito da documenti di vario genere sul marchesato di Laterza, con atti amministrativi e notarili riferiti non solo alla famiglia Perez Navarrete ma anche ai precedenti signori di Laterza. Nel “Libro Mastro”, in particolare, sono riportati tutti i pagamenti per i lavori effettuati nel palazzo e nel fossato dal 1746 in poi; questo documento, quindi, è di fondamentale interesse per comprendere quale doveva essere la forma originaria del palazzo rispetto a quella in cui si presenta oggi.


LA FAMIGLIA D’AZZIA A LATERZA

 

Un ruolo fondamentale nella storia del casale di Laterza è quello svolto dalla famiglia dei d’Azzia che otterranno il titolo onorifico di Marchesi di Laterza, accrescendo notevolmente l’importanza storico – politica di questo feudo nell’ampio contesto geografico dei domini di Terra d’Otranto.
Questa famiglia riuscì a mantenere per più di un secolo e mezzo (1497-1655) il possesso della Terra di Laterza e di altri feudi pugliesi, distinguendosi come una delle famiglie più stabili ed esemplari della nobiltà napoletana.
Nel 1463 con la morte del Principe di Taranto, Giovanni Antonio del Balzo-Orsini, a cui apparteneva anche il borgo di Laterza, ci fu uno smembramento del Principato che venne devoluto direttamente alla corte aragonese di Napoli, precisamente al re Ferdinando I. Quest’ultimo, però, dopo alcuni anni fu costretto a vendere il feudo laertino, che nel 1494 passò in concessione a Marino Brancaccio, Capitano Generale e consigliere del re Alfonso II d’Aragona. Quando Marino Brancaccio morì nel 1497, non avendo figli e una discendenza diretta maschile, Giovan Berardino d’Azzia ereditò i ricchi possedimenti dello zio, grazie al matrimonio combinato con Geronima Brancaccio.
A Pietro Antonio I d’Azzia e ai suoi eredi vennero concessi dall’imperatore Carlo V prima il titolo di “Grande di Spagna” nel 1536 esuccessivamente quello di “Marchese di Laterza” nel 1541. Questi privilegi significavano probabilmente anche un riconoscimento dei meriti militari acquisiti dai d’Azzia durante il regno di Carlo V. Giovan Berardino, infatti, era riconosciuto come il “moderatore” dell’esercito reale contro i Veneziani e il figlio Pietro Antonio I si distinse nella difesa di Taranto contro gli assedianti francesi, mettendo in fuga il loro capitano Lutrec (1528-1529).
Nel Cinquecento durante la loro signoria Laterza perse definitivamente le sembianze e l’aspetto di borgo medievale.
Nella lama, di poco fuori dalle mura, Pietro Antonio I costruì nel 1544 la fontana, una straordinaria ed esemplare opera di architettura idrica per lo smistamento razionale e ordinato delle acque. Riuscendo a raccogliere l’acqua delle ricche falde sotterranee, la costruzione della fontana ha avuto una fondamentale importanza pubblica fino ad anni recenti e ancora oggi si conserva in via Concerie.
Altre significative ed evidenti trasformazioni monumentali furono quelle apportate al castello che divenne la dimora nobiliare della famiglia d’Azzia. Considerando, infatti, i registri di battesimo della Chiesa di San Lorenzo si riesce a capire che la famiglia risiedeva stabilmente a palazzo a
partire dalla metà del ‘500. Le modifiche nel nuovo palazzo residenziale sono datate al 1548 come si legge nell’iscrizione che accompagna lostemma di Giovan Battista I, posto al di sopra di quello che data la fase di edificazione del castello (1393).
Il periodo di signoria di Giovan Battista I si caratterizzò per la sua attività di mecenate, essendo, insieme a sua moglie Giulia di Capua, un amante della letteratura e della musica. Si dimostrò lui stesso un marchese – poeta, come testimoniano sia le fonti storico-letterarie che lo citano, sia le
opere poetiche che scrisse.
Nel Seicento, invece, i d’Azzia dovettero affrontare non poche difficoltà nel governare il territorio di Laterza, in particolare furono coinvolti in varie dispute e vertenze confinarie per salvaguardare i propri feudi. Durante la reggenza di Giuseppe d’Azzia, la famiglia iniziò ad indebitarsi. Lo stesso marchese, pur essendo ancora giovane, dopo un fallito tentativo di vendita dei suoi beni, li rifiuta, passandoli in eredità al figlio tredicenne Giovan Battista III. Anche quest’ultimo, non avendo avuto figli dal matrimonio con Maria Giordano Ursino, nel 1655 decise di liberarsi del marchesato in favore della parente più prossima, la zia Aurelia, vedova di Francesco Albertini Minutillo. L’anziana zia Aurelia, però, appena dodici giorni dopo che ebbe ricevuto la donazione, cessò ogni privilegio alla figlia Ippolita Albertini d’Azzia, sposatasi dal 1635 con Antonio Perez Navarrete. In questo modo, avvenne il passaggio definitivo del marchesato dai d’Azzia, signori di Laterza dal 1497, alla famiglia dei Perez Navarrete.


D’AZZIA SPOSI A PALAZZO

 

Uno degli eventi importanti per la storia locale degli inizi del ‘600 fu sicuramente l’arrivo da Napoli di Giuseppe d’Azzia, 5° Marchese di Laterza, Conte di Noia, Grande di Spagna.
Alla morte di Giovan Battista II d’Azzia (22 luglio del 1608), Giuseppe eredita il feudo laertino all’età di soli 17 anni. Per questo, data la tenera età, il giovane era affidato alla guida dello zio Fra’ Fabrizio, fratello del nonno Pietro Antonio II e cavaliere dell’ordine gerosolimitano.
Nello stesso anno, sul finire del 1608, Giuseppe sposa Isabella Aldano, figlia di Diego e Maria Belmundez de Castro. Il matrimonio era stato combinato dal padre Giovan Battista II, che aveva stipulato le trattative del matrimonio con la ricca famiglia spagnola già pochi giorni prima di morire.
Quando nel 1610 insieme alla sposa il giovane marchese fa il suo ingresso a Laterza, la popolazione lo accoglie con festeggiamenti. L’evento viene descritto nei volumi manoscritti dei Consilia Criminalia, un documento dell’epoca scritto dall’avvocato materano Orazio Persio. In questo testo si parla di festeggiamenti sontuosi, svolti con grande sfarzo, dispendio e anche con lo sparo di fuochi d’artificio (“in tot tantisque igneis fulgoribus et aliis”). Si trattò probabilmente del primo e più antico uso di fuochi d’artificio a Laterza e, comunque, è evidente che l’ingresso nel feudo dei nuovi marchesi venne vissuto come un evento significativo e di notevole importanza.

 


  • La Pro Loco Laterza, attraverso un’accurata riproduzione dei personaggi e delle ambientazioni dell’epoca, intende rievocare i festeggiamenti in onore degli sposi d’Azzia, rappresentando da una parte l’avvenimento particolare svoltosi a Laterza nel 1610 e dall’altra il contesto storico generale della cultura e della società seicentesca. Gli attori della rievocazione rappresenteranno personaggi storici e personaggi fittizi.
    Sulla base delle fonti storico – letterarie e attraverso uno studio della moda, della cucina e della cultura materiale seicentesca si metterà in scena un banchetto, spettacoli e danze per la corte marchesale.
    Gli abiti e costumi realizzati per l’evento rispettano fedelmente i modelli seicenteschi e le riproduzioni pittoriche
    conservate nella Cantina Spagnola e sulle maioliche laertine del XVII secolo.
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    La Maiolica di Laterza

     

    l secoli d’oro della produzione della ceramica laertina furono il 600 e il 700. In questi secoli, la signoria delle nobili famiglie spagnole dei d’Azzia e dei Perez Navarrete permise ai figuli laertini di avere una ricca committenza e di creare un prodotto per l’élite borbonica.
    La documentazione d’archivio, prima fra tutte quella dello storico Nicola Vacca, le testimonianze dei viaggiatori dell’epoca, ma soprattutto la grande quantità di vasellame decorativo ritrovato, consentono di fare una ricostruzione storica dei processi di sviluppo che portarono Laterza ad essere uno dei più importanti luoghi di lavorazione ceramica del Meridione, tanto da accostarla alla rinomata maiolica di Faenza. Un elemento distintivo di questa maiolica è l’elegante stesura cromatica del blu – turchese, con interventi di giallo e verde su smalto bianco. Un altro elemento di pregio è l’ispirazione a fonti iconografiche colte.
    Per il 600’ si parla di stile ‘compendiario’ d’ispirazione faentina: albarelli con busti femminili, realizzati attraverso variazioni sul blu-turchino celeste e giallo arancione; alzatine, caraffe, piatti con scene di caccia, foglie di acanto, cornucopie, putti, mascheroni; sulle falde motivi vegetali, fiori e carote.
    Intorno al IV decennio del XVII inizia la stagione dell’istoriato laertino con l’utilizzo della monocromia turchina. I ceramisti prediligono le superfici tese dei grandi piatti per accogliere rappresentazioni sempre più complesse: scene di battaglia e episodi dell’antichità classica, affiancate a decorazioni della propria casata nobiliare, scene all’aperto con il paesaggio in primo piano.
    I primi artisti che hanno firmato le loro opere furono Lorenzo Gallo, il sacerdote-ceramista D’Alessandro e il maestro Vito Perrone.
    Di questi si ricordano rispettivamente le seguenti opere: ‘L’Imperatore Nerone’ del 1652, (Colezione A. dell’Aquila), il ‘Mangiamaccheroni’ (Museo Internazionale delle ceramiche di Faenza) e la targa murale con lo stemma del vescovo Francesco Antonio Gallo del 1678 (Collezione C. dell’Aquila), e un piatto senza titolo del 1692 (Victoria and Albert Museum, Londra).
    Intorno al 1715 alla monocromia turchina si affianca la bicromia: il turchino per le campiture e il manganese per le deliniature. Al repertorio precedente si succedono motivi decorativi più liberi; il ceramista dà sfogo alla sua creatività e anche gli ornati delle falde risultano meno elaborati,
    grappoli d’uva, nastri leggermente mossi ed elementi pendenti dalla cornice superiore che possono assumere la forma di frutti.
    Secondo il catasto Onciario del 1745 operavano circa 45 faenzari con 20 botteghe e Laterza era il centro più attivo in Puglia. La tavolozza cromatica subisce dei cambiamenti vedendo la presenza dell’arancio accompagnato dall’azzurro e dal verde marcio; fra i maestri di questo secolo si ricorda
    Leonardo Antonio Collocola che firma una targa devozionale del 1726, la Madonna di Costantinopoli (Museo Internazionale delle ceramiche di Faenza), Giuseppe Mele di cui esisteva una targa decorata nel Santuario Mater Domini di Laterza.
    Caratteristica di fine secolo è la produzione di piatti e zuppiere con motivi floreali a rocailles sviluppatosi in Francia e stilizzato dai ceramisti laertini. Agli inizi del XIX sec. la produzione decade sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Le ricche committenze borboniche e vaticane erano venute meno e le classi subalterne che non potevano sostenere gli alti costi di queste produzioni scelsero produzioni più povere.
    Nel 1856 erano soltanto 5 i faenzari registrati. L’ultimo ceramista è Francesco di Noia che si firma in una targa del 1854.
    Oggi si sta cercando di recuperare la storia del territorio proprio attraverso la riscoperta della produzione di maiolica e le tante botteghe sorte negli ultimi anni sono la testimonianza più diretta.


    BIBLIOGRAFIA

     

  • BIANCOFIORE FRANCO, La necropoli eneolitica di Laterza. Origini e sviluppo dei gruppi “protoappenninici” in Apulia, in Origini vol. I, Cangemi Editore, Roma 1967, 195-300
  • BONGERMINO RAFFAELLA, Storia di Laterza. Gli eventi, l’arte e la natura, Congedo Editore Galatina 1993
  • CATUCCI DINO, Il palazzo Marchesale di Laterza, Congedo Editore, Galatina 2007
  • CASSIANO ANTONIO – DONATONE GUIDO (a cura di), La passione del collezionismo. La ceramica di Laterza nella collezione Tondolo, Gongedo Editore, Galatina 2011
  • CONTE FRANCO, La collegiata di S. Lorenzo M.. Visita guidata alla chiesa, Stampa Sud s.p.a. Bari 2008
  • DELL’AQUILA CARLO (a cura di), La Cantina Spagnola nell’insediamento rupestre di Laterza, Arti Grafiche Favia, Bari 1998
  • DELL’AQUILA CARLO, I D’Azzia, Signori e Marchesi di Laterza (1497-1655), Schena Editore, D ’A C , Fasano (BR) 2006
  • DONATONE GUIDO, Ceramiche di Puglia, Fausto Fiorentino Editore, Napoli 1995
  • PANSINI SAVERIO, Ceramiche pugliesi dal XVII al XX secolo, Faenza 2001
  • ZILIO NICOLA, I dipinti della Cripta del Santuario della Mater Domini, in AA. VV., Intervento di recupero del Santuario della Mater Domini in Laterza e annessi insediamenti rupestri, Foresteria, “Casa del Pellegrino”, Museo e Sala Multimediale, Matera 2009, 52-54.

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    Testo dei ‘D’Azzia Sposi a Palazzo’ , dott.Vito Punzi e dott.ssa Rosanna Clemente 2014 © – Tutti i diritti sono riservati

     

     

    Approfondimenti

     

    LA CHIESA di SANTA MARIA DELLA VITTORIA a LATERZA

     

    1. Laterza e le Confraternite nei secoli XVII-XVIII

     

    Laterza nel XVII secolo è un piccolo centro dell'altopiano delle Murge sud-occidentali incuneato nell'omonima gravina e racchiuso dalle mura e dal castello ad ovest. Conta circa 3000 abitanti ed è dominata dai marchesi d'Azzia che nel corso del secolo si uniscono alla famiglia dei Perez-Navarrete.

    E' un centro dedito all'attività agricola e soprattutto all'allevamento ovino grazie alla presenza di estesi pascoli, (non a caso proprio il simbolo nello stemma della città di Laterza sarà la pecora). Altre attività economiche di rilievo sono la concia delle pelli praticata nella attuale zona Concerie nei pressi della fontana antica e senz'altro la produzione di pregiate ceramiche (oggetto attualmente di un rinnovato interesse da parte di studiosi e ricercatori) con la presenza di diverse decine di fornaci che raggiungerà il periodo di maggiore sviluppo nel secolo successivo, per poi declinare con gli inizi dell'era industriale fino alla scomparsa totale di questa attività artistica ed artigianale nei nostri tempi. Proprio il proprietario e donatore dell'immobile trasformato nella chiesa oggetto del presente studio è un faenzaro a testimonianza della importanza e della redditività di tale produzione in questo periodo.

    Sopra. Veduta cinquecentesca disegnata da Pietro Antonio de Simone (da G. de Troia, <em>Piante e vedute  della Puglia cinquecentesca, </em>Fasano 1988).

    Fig. 1. Sopra. Veduta cinquecentesca disegnata da Pietro Antonio de Simone (da G. de Troia, Piante e vedute  della Puglia cinquecentesca, Fasano 1988). Sotto. Veduta tratta da Giovan Battista  Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, Napoli 1703.

     

    Il movimento confraternale a Laterza è abbastanza attivo nel periodo che va dalla fine del secolo XVI fino alla prima metà del XX secolo, frutto certamente del rinnovato vigore spirituale del Concilio di Trento e della Controriforma. Le confraternite nascono dal bisogno da parte dei cristiani laici di vivere una più profonda ed attiva presenza nella Chiesa, dall'esigenza di trovare una risposta solidaristica ai problemi esistenziali da sempre più sentiti dall'uomo, la malattia, la morte, la povertà. I confratelli si uniscono in questo sodalizio per vivere una più profonda e nutrita spiritualità, testimoniata da un impegno formale alla partecipazione a tutti gli incontri e pratiche di preghiera stabilite nella Regola o nello Statuto della fratellanza; molte confraternite costruiscono una propria chiesa o cappella, dotandola di ogni suppellettile ed opere artistiche e decorative necessarie, nascono le moltissime forme di pietà popolare legate alla liturgia della Settimana Santa, le più attive si fanno promotrici di istituzioni di assistenza e carità, come ospedali, orfanotrofi, scuole ed asili.

    Nascono anche a Laterza in questo periodo numerose fratellanze che qui ci limitiamo a citare molto brevemente.

    La Confraternita del Santissimo Sacramento, esistente già nel '500 perché menzionata nella Santa Visita del 1544, che si appoggiava nella Cappella del Corpo di Cristo nella Chiesa Matrice. Fu poi rifondata nel 1857 dall'Arciprete Giannico nella Chiesa di Santa Maria la Grande. In genere quella dedicata al Santissimo Sacramento era la più prestigiosa in ogni città, spesso la più antica, e possedeva il famoso ius processionandi, cioè il diritto di procedere nelle processioni più vicina all'immagine del Santo o del Corpus Domini.

    Le due Confraternite del Rosario, per l'esattezza la prima del Ss. mo Rosario Grande e la seconda del Ss. mo Rosario delle Cinquine o della morte o del Rosario Piccolo, ospitate nella Cappella del Rosario della Chiesa Matrice. La pratica della recita del Rosario nasce proprio nel 1500 e la devozione alla Madonna del Rosario risulta una risposta forte da parte della Chiesa della Controriforma all'attacco dei protestanti alla venerazione della Vergine.

    La Confraternita di San Carlo, eretta nella chiesa omonima precedentemente chiamata di San Martino costruita a ridosso della gravina, successivamente trasferitasi nel 1900 presso la chiesa di Santa Filomena. Della chiesa originaria, in buona parte crollata, oggi resta un muro laterale e la volta e la facciata del presbiterio sulla quale è affrescata un immagine del Santo.

    La Confraternita del Monte Purgatorio o dell'Immacolata Concezione di Maria Ss.ma esistente già nel 1615, con sede in una propria chiesa che fu poi ampliata nel 1700 nella attuale chiesa del Purgatorio. La Confraternita istituì nel 1854 il Monte frumentario e nel 1870 istituì l'Asilo infantile, ancora oggi esistente.

    La Confraternita di Santa Lucia o del Pio Monte, la Confraternita del Ss.mo Nome di Gesù presso la Cappella omonima nella Chiesa Matrice.

    La Confraternita della Madonna della Vittoria esisteva già prima del 1766 e si riuniva nella chiesa di San Carlo ; ricevette nel 1679 la donazione di una casa da parte di Giorgio Barberio adattata alla chiesa oggetto del presente studio. Festeggiava la Madonna della Vittoria (la cui devozione si diffuse dopo la vittoria dei cristiani contro i turchi nella battaglia navale di Lepanto del 7 ottobre 1571) nella seconda domenica di ottobre. I confratelli indossavano una mantella di colore celeste e medaglione con immagine della Madonna.

    Il movimento confraternale a Laterza è andato declinando dopo l'unificazione d'Italia a causa della confisca di molti beni ad opera dello Stato a beneficio della Congregazione di Carità, prima forma statale di istituzione comunale assistenziale. Nella seconda metà del XX secolo la spiritualità confraternale ha lasciato sempre più spazio ad altre forme associative di presenza laicale nella Chiesa. Oggi la presenza delle poche Confraternite esistenti, formate prevalentemente di fratelli anziani, non si basa nemmeno più sulla loro colorita presenza nelle processioni religiose e la loro attività resta in funzione della semplice costruzione di loculi per la sepoltura delle cappelle di loro proprietà nel cimitero.

     

    <strong>Fig. 2.</strong>Il centro abitato di Laterza.

    Fig. 2.Il centro abitato di Laterza.

     

     

    <strong>Fig. 3.</strong>Il centro abitato di Laterza con localizzazione della chiesa.

    Fig. 3.Il centro abitato di Laterza con localizzazione della chiesa.

     

    2. La storia della chiesa attraverso i documenti e le fonti archivistiche

     

    <strong>Fig. 4.</strong>Copia dell'atto della donazione di Giorgio Barberio.

    Fig. 4.Copia dell'atto della donazione di Giorgio Barberio.

     

    La chiesa fu creata adattando e ristrutturando una casa a seguito di una donazione fatta da Giorgio Barberio, faenzaro, con atto del 2 novembre 1679, al Capitolo di Laterza. La donazione era legata alla condizione che la Confraternita della B.V.M. della Vittoria ricevesse il consenso et beneplacito dall'Arcivescovo di Matera e Acerenza.

    L'immobile donato corrispondeva ad una casa palazzata ed un cellaro situati nella Contrada del Piano, ovvero ad una casa al piano superiore e ad una cantina, che corrispondono ancora oggi alla chiesa di proprietà dell'omonima Confraternita. Anche lo Stallone di San Lorenzo conferma la suddetta donazione citando la proprietà di una casa terranea e di un'altra cantina sottostanti le case che erano state in passato di proprietà di Rocco Castria e poi donate da Giorgio Barberio per istituirvi la chiesa della Vittoria. La casa naturalmente fu ristrutturata per poter alloggiare questa nuova funzione specialistica e le sue irregolarità e difformità rispetto alla tipologia alla quale doveva adattarsi sono ancora evidenti nella sua attuale configurazione. Certamente più ambienti furono unificati con la demolizione delle murature intermedie e con le nuove volte a botte che coprono i due vani che costituiscono la navata della chiesa.

    La chiesa fu subito oggetto delle Sante Visite dei Vescovi di Matera, che avevano nella linea pastorale impressa dal Concilio di Trento, soprattutto lo scopo di controllare il corretto mantenimento degli arredi liturgici e del controllo delle rendite dei beni ecclesiastici. Già nel 1682 la chiesa è menzionata molto brevemente nella relazione presentata da don Giuseppe Minei per la Santa Visita di Mons. Antonio del Ryos Culminarez, vescovo di Matera, nella quale è citata la statua scolpita della Vergine, l'altare, con il relativo ammonimento a dotarlo di ogni decoroso accessorio per la celebrazione. Nella Santa Visita del 1704 il suo altare fu trovato degnamente ornato ed inoltre si rileva che la Confraternita non gode di reddito con onere di messe, che è amministrata da un priore e che i suoi bilanci sono denunciati alla curia.

    Molto più dettagliata ed utile al nostro scopo è la relazione di don Nicolò Bonifacio Minei, relativa alla Santa Visita di Mons. Positano, nel 1726. La chiesa è costruita su "tre lamie di sotto", cioè su tre ambienti sottostanti voltati e vi si sale con "diece gradini dalla parte di fuori (…). La suddetta chiesa è palmi settanta due di lunghezza, venti due di larghezza e venti due d'altezza/ abbenchè nella parte di basso sia un poco più stretta per essersi ampliata con ultima giunta e/ non fu possibile venir in tutto eguale, e sta fabbricata ed ampliata con le pure limosine/ de' fratelli e sorelle del Rosario, ed altri divoti e Benefattori" . E' evidente qui il riferimento alla irregolarità della chiesa in pianta ed in alzato, in quanto la parte d'ingresso è più stretta e meno alta, mentre la seconda parte, quella occupata dal presbiterio, risulta più alta, più larga e soprattutto sensibilmente disassata rispetto alla precedente. La relazione afferma (a nostro parere con una erronea inversione dei punti cardinali!) che "la porta è in faccia a mezzogiorno" e che dallo stesso lato la chiesa possiede cinque finestroni (in realtà è il lato nord), "due finestroni dalla parte di Aquilone" (in realtà sul lato sud), "l'altare maggiore dalla parte d'Oriente e un finestrone all'Occidente" (questa volta correttamente). La sagrestia è situata "al lato destro dell'altare maggiore"(guardando la chiesa con l'altare alle spalle), con due finestre (delle quali una oggi aperta, ad est, mentre l'altra, ad ovest, murata, leggibile ancora oggi perché presenta il davanzale e l'architrave in carparo aggettanti dalla muratura esterna).

    Oltre all'altare maggiore sono presenti altri due altari minori sul lato sinistro nelle due nicchie. "Detti altari sono formati nella/ seguente forma: tutti tre alla Romana con figure di Passione di sotto, e colonnette stucchiate sotto/ la mensa di proporzionata lunghezza e larghezza." L'altare maggiore "sta lavorato, con quattro colonne, cornicione e cima". Gli altari originari oggi non sono più presenti: i due nelle nicchie sostituiti dalle vetrate in legno, quello maggiore sostituito nel 1940 da un altro in marmo ma di non rilevante fattura.

    Al centro sull'altare maggiore una nicchia ospitava la statua di legno della B.ma Vergine della Vittoria, canonicamente raffigurata con la corona del rosario ed una spada nella mano destra e il Bambino sulla mano sinistra. Sulla facciata dell'altare, ai lati della nicchia della Madonna, due specchiature ospitavano a destra un quadro di San Domenico e San Carlo Borromeo, a sinistra di Santa Rosa di Lima e Santa Teresa d'Avila, "tutti in atto di adorazione verso la B.ma Vergine". Probabilmente nella specchiatura subito a sinistra doveva esserci un quadro raffigurante "la Santissima Trinità in atto di coronare la B.ma Vergine." Sul muro di fondo della nicchia più prossima all'altare c'è ancora oggi una decorazione a stucco molto articolata che fungeva da riquadro ad una tela raffigurante San Michele Arcangelo e Sant'Angelo Custode, insieme a San Francesco Saverio e Sant'Andrea di Avellino. Nella nicchia a fianco un altro quadro raffigurava la "B.ma Vergine della Consolazione in atto di porgere le suddette cinture ai gloriosi Sant'Agostino, Santa Monica e San Nicola Tolentino ", insieme alla Bolla di assenso ed approvazione da parte della Curia della Congregazione spedita il 7 novembre 1719. Nella chiesa erano presenti anche altri "dodici quadri di figure francesi con altri più piccoli" e altri arredi.

    La relazione menziona anche il campanile "eretto nella inferior parte della chiesa", con una campana sulla quale è inciso "con le lettere nel giro di sopra Santa Maria ora pro nobis".

     

    <strong>Fig. 4.</strong>Ipotesi di costruzione della chiesa.

    Fig. 4.Ipotesi di costruzione della chiesa.

     

    Altre notizie relative al XVIII secolo non abbiamo se non la data di ottenimento del Reale Assenso dello Statuto della Confraternita, del 2 aprile 1778, pratica legale che tutte le Confraternite del Regno di Napoli erano tenute a seguire e che le Confraternite di Laterza, fra cui la nostra, attuarono regolarmente.

     

    Nel secolo XIX registriamo i primi gravi problemi di dissesto statico che la chiesa cominciò a denunciare, soprattutto a causa del grave terremoto della notte del 16 dicembre 1857, che causò fra l'altro gravi danni alla Chiesa Madre con il crollo del campanile. In quella circostanza ci fu una vera e propria ingiunzione di demolizione da parte delle autorità e i confratelli, riunitisi in assemblea l'8 marzo dello stesso anno, al fine di scongiurare il pericolo, stabilirono una straordinaria sottoscrizione (con la quale ogni fratello avrebbe versato la somma di cinque carlini) per effettuare i necessari lavori di consolidamento. In un altro verbale, del 25 marzo dello stesso anno, si delibera la "spesa per ducati ventiquattro per il parato”, mentre il 7 agosto 1864 si affida una perizia per restauri al muratore Giuseppe Carrera, confratello della stessa.

     

    Gli stessi problemi segnano la storia della Confraternita nel XX secolo. Diversi terremoti colpiscono il nostro centro antico, portando a ripetuti interventi di abbattimento e demolizione da parte delle autorità di intere maglie di tessuto urbano. Negli anni '30 furono costruite fuori dal centro antico le prime "casette alloggio" di edilizia economica e popolare per i terremotati. Con ordinanza podestarile del 4 febbraio 1935 veniva frattanto chiusa al culto la ben più grande e sontuosa chiesa del Purgatorio. I problemi della Confraternita sono accentuati dal bisogno da parte della fratellanza, a causa della inagibilità della chiesa, di trovare una nuova sede e dai rapporti per niente facili con l'autorità ecclesiastica ed in particolare nel 1945 a causa di un lungo contenzioso con l'arciprete don. Gabriele Noia. La Confraternita ambiva a spostare (così come aveva fatto la Confraternita di San Carlo ottenendo l'uso della chiesetta di Santa Filomena) la sede nella più comoda chiesa di Sant'Antonio da Padova, nella centrale piazza Vittorio Emanuele, per la costruzione della quale era intervenuta anche finanziariamente, venendo successivamente estromessa dall'uso della stessa dall'arciprete Noia, rettore di quella chiesa. Persino il sindaco Pietro Dell'Aquila decise di intervenire diffidando il sacerdote "a non metterli fuori della chiesa di S. Antonio ove furono accolti allorchè costretti a sgombrare la chiesa cadente" al fine di evitare "disordini e turbamento dell'ordine pubblico". Il sindaco perorava la causa della Confraternita anche scrivendo al Vescovo di Matera e al Prefetto di Taranto, chiedendo che la stessa "venga ulteriormente ospitata nella chiesa di S. Antonio, poiché in questo periodo è quasi impossibile effettuare i necessari lavori di consolidamento della chiesa sgombrata perché pericolante". Il 16 maggio dello stesso anno l'arciprete Noia comunicava ai Priori delle Confraternite che si sarebbe tenuto un sopralluogo della Commissione d'Arte Sacra inviata dall'allora Amministratore Apostolico di Acerenza e Matera, mons. Augusto Bertazzoni, Vescovo di Potenza, "per la verifica delle chiese chiuse al culto perché pericolanti".

    La chiesa venne riaperta al culto nel 1959, mentre si svolgevano i lavori di restauro nella chiesa madre. Nel 1965 fu nuovamente chiusa e riaperta successivamente fino al terremoto del 23 novembre 1980, dopo il quale fu definitivamente chiusa al culto con ordinanza del sindaco.

    La Confraternita indirizzò una richiesta di finanziamento alla Regione Puglia, ai sensi della L.R. 37/79, di £ 360 milioni il 30 aprile 1988, senza alcun esito. Una nuova richiesta per l'importo di 45 milioni fu fatta nel 1997 al Commissario Prefettizio del Comune di Laterza per un intervento di protezione delle coperture a seguito del contenzioso accesosi con i confinanti per le infiltrazioni meteoriche e per la situazione di completo abbandono nella quale versa la chiesa da ormai venti anni.

    Dopo il terremoto l'immagine della Madonna fu portata nel Santuario Mater Domini e dal 1999 nella chiesa di Sant'Antonio, insieme ad alcuni arredi liturgici, mentre il "tesoro" della Madonna (oggetti in oro e paramenti liturgici) sono conservati dalle Suore dell'Asilo infantile "Regina Elena".

     

    <strong>Fig. 5.</strong>Scalinata e porta di accesso alla chiesa.

    Fig. 5.Scalinata e porta di accesso alla chiesa.

     

     

    <strong>Fig. 6.</strong>L'interno della chiesa visto dall'altare. Si notano i due vani di diverse dimensioni e proporzioni che compongono la chiesa.
    Fig. 6.L'interno della chiesa visto dall'altare. Si notano i due vani di diverse dimensioni e proporzioni che compongono la chiesa.

     

    Bibliografia

     

    • Carlo DELL'AQUILA, Laterza sacra, Manduria 1989
    • SANTA VISITA di Mons. POSITANO del 1726, descrizione di don Nicolò Bonifacio Minei, 9 maggio 1726, ADM.
    • STALLONE di S. LORENZO, Libro riguardante i beni della ricettizia di Laterza, descrizione delle proprietà di BARBERIO, ARCHIVIO PARROCCHIALE DI S. LORENZO MARTIRE.
    • VERBALI della CONGREGAZIONE, discussione sulla ingiunzione della polizia di demolizione per il terremoto, ACV, 8 marzo 1859
    • Lettera del priore Carrera Vito al Commissario Prefettizio del Comune di Laterza del 19.03.1997, in Archivio Leogrande.

     

    Arch. Francesca Clemente – Arch. Francesco De Benedetto

    Tutti i diritti sono riservati.


    L’EDIFICIO SCOLASTICO ARMANDO DIAZ

     

    L’edificio scolastico Armando Diaz fu costruito a Laterza negli anni 30, nel rione san Rocco, per “ovviare lo sconcio di adibire a scuola case private, prive di ogni elementare igienica e distaccate spesso le une dalle altre per insufficienza di aule”. Luigi Galli, "Storia di Laterza", 1940, Liantonio Editrice, Palo del Colle (Ba)

     

    L’opera si presenta come un imponente edificio lungo circa 75,50 metri e due ali, una più corta di ml 23 ed una più lunga di circa 44,50 ml frutto, ritenuta erroneamente, un ampliamento degli anni cinquanta. L’edificio presenta un basamento in carparo su cui si poggia un piano rialzato a cui si accede con sei gradini ed un primo piano coperto con tetto a capriate lignee e tegole marsigliesi. La parte centrale del corpo di fabbrica dove è posizionato l’ingresso risulta essere leggermente sporgente e l’intero prospetto risulta suddiviso da paraste. Il piano rialzato è segnato per tutta la sua altezza da linee orizzontali dovute alla lavorazione del tufo; le finestre sono incorniciate da modanature ed il coronamento e costituito da un cornicione che poggia su una sequenza di gattoni. Oltre all’ingresso principale vi è un accesso con scalinata dal lato di via Virgilio ed uno con rampa dal lato del cortile interno. La scuola è dotata di ampio spazio aperto recintato ed all’interno sono stati piantati alberi di acacie. Lungo tale recinto, nel corso degli anni sono stati costruiti alcuni edifici: la palestra, la casa del custode recentemente ampliata per far spazio ad un centro diurno per diversamente abili e un centro ludico prima infanzia, una cabina enel. L’edificio è stato anche dotato di uscite di emergenza con scale esterne e rampa per adeguamenti normativi.

     

    Recentemente parte del cornicione di coronamento è crollato pertanto prima di mettere mano alla struttura si è presentata l’esigenza di dover studiare la storia e le tecniche costruttive impiegate al fine di poter eseguire un valido progetto di restauro.

     

    Ricostruire la storia dell’edificio non è stato semplice poiché la ricca documentazione conservata nell’archivio comunale di Laterza presso la Cittadella della Cultura che pure consta di cinque faldoni, presenta delle lacune, soprattutto nella fase iniziale.

     

    Infatti sono conservate delle tavole grafiche del progetto a firma dell’ing. Laertino Domenico Gallo, ed una relazione non firmata che descrive dettagliatamente il progetto della scuola. La stessa relazione fa riferimento ad un precedente progetto dell’ing Disanto; infatti con delibera del 19 Luglio 1913 l’Amministrazione Comunale di Laterza affidava incarico dello studio dell’edificio a chi stava scrivendo la relazione, che redigeva il progetto tenendo conto delle osservazioni fatte dal Genio Civile, comunicate con nota sotto-prefettizia del 2 Novembre 1909, al precedente progetto dell’ing. Disanto.

     

    La relazione riporta:

     

    L’edificio consta di due piani: il pianterreno assegnato alla Sezione maschile con ingresso opposto a quello del primo piano assegnato alla sezione femminile. Vi è poi un ingresso principale da servire in relazione delle Solennità scolastiche. Manca lo scantinato, perché il suolo è roccioso. Le aule, in conformità del parere espresso dal G. C., sono in numero di sei per ogni sezione di cui quattro atte  a contenere ciascuna sessanta alunni.

     

    Cinque aule sono concentrate nel corpo principale di fabbrica, una nel corpo laterale; entrambe le esposizioni sono ottime.

     

    Nel piccolo corpo di fabbrica nord-ovest si trovano i cessi preceduti dal lavandino e questo dall’anticesso; accanto al lavandino trovasi la sala della bidella, affinché questa possa sorvegliare i bambini.

     

    Nella gabbia della scala e sulla sala della bidella è stato ricavato un ammezzato da servire di abitazione pel custode, la cucina è progettata nella sala della bidella. “

     

    [….]   Abbiamo collocato due camerini da cesso anche all’altra estremità dell’edificio, da servire per bisogni urgenti. L’acqua potabile deve essere attinta dalla pubblica fontana, qui nessuno beve acqua piovana; l’acqua delle due cisterne deve servire per lavare e per i cessi. Quando l’acqua potabile ci sarà fornita dall’acquedotto pugliese adotteranno nei corridoi vaschette con zampillo alquanto obliquo per permettere ai bambini di bere senza toccare le labbra agli orli di alcun recipiente.

     

    [….] Avvertiamo infine che se alcune sale possono risultare un poco troppo grandi per l’uso cui devono servire ciò abbiamo fatto non a caso, ma con l’intendimento di poterle adibire come aule scolastiche in tempo tutt’altro che lontano, perché la popolazione scolastica già lo richiede.”

     

    La spesa totale con le modifiche apportate ammonta a Lire centoventottomila (128) ivi compreso lire 3000 per importo del suolo da occupare, contro le Lire duecentoduemila ottocentosessantotto e trentuno centesimi (202.868,31) previste dal precedente progetto dell’ing. Disanto.

     

    Tale descrizione trova riscontro nelle tavole grafiche, pertanto è probabile che questa relazione sia proprio dell’ing. Gallo.

     

     

    Particolare tav. di progetto – ing. Domenico Gallo

    Particolare tav. di progetto – ing. Domenico Gallo

     

     

    Particolare tav. di progetto – ing. Domenico Gallo

    Particolare tav. di progetto – ing. Domenico Gallo

     

     

    Foto del sottotetto con capriate – situazione attuale

    Foto del sottotetto con capriate – situazione attuale

     

    Di questo progetto si fa notare che l’orientamento del corpo di fabbrica non è quello attuale con il lato lungo parallelo a via Roma, bensi la struttura (una sorta di C lunga circa metri lineari 66,60 con i lati corti rispettivamente di ml 21 e di ml 50) ha il lato corto di ml 21 parallelo a via Roma e l’ingresso principale posizionato lungo via Virgilio (fig. 4).  Quando e perché sia stato ruotato il corpo di fabbrica non è specificato, tuttavia la soluzione poi realizzata dà più imponenza all’edificio e fa si che l’ingresso principale (“..quello da servire in relazione alle solennità scolastiche”) si trovi appunto sulla via Roma, asse viario principale della città di Laterza e di fronte alla piazza Thaon De Revel, oggi sede della chiesa di Santa Croce. Il progetto prevedeva oltre alla diversità di lunghezza delle ali, la parte centrale adibita a salone per le solennità scolastiche più sporgente nella parte posteriore e con il tetto a capriate lignee; volte a botte per  gli altri ambienti e finestre ad arco per tutto il piano terra e il salone. (fig. 1, 2 e 3)

     

    Particolare tav. di progetto – ing. Domenico Gallo

    Particolare tav. di progetto – ing. Domenico Gallo

     

    Non si hanno notizie, né documentazione e pertanto non è possibile stabilire per quale motivo si passi al progetto dell’ing. Ruggieri del 1927 che pur mantenendo l’assetto generale del precedente progetto attua alcune modifiche che desumiamo dall’opera finita poiché non sono conservate  tavole di progetto ma  solo alcuni disegni riportati sul registro di contabilità.

     

    E’ probabile che si debba proprio all’ing. Ruggieri il diverso orientamento dell’edificio, l’eliminazione della sporgenza del corpo centrale, l’accorciamento dell’ala più lunga che diventa uguale all’altra (fig. 5), l’eliminazione delle volte al piano terra ed al piano superiore sostituite da travi e voltine in tufo parret, le capriate lignee vengono estese a tutto il piano superiore e non solo alla parte centrale e vengono eliminati gli archi alle finestre del piano terra.

     

    1.	Pianta fondazione riportata sul registro di contabilità datato 1930 della perizia suppletoria.

    1. Pianta fondazione riportata sul registro di contabilità datato 1930 della perizia suppletoria.

     

    Il 16 Maggio 1927 al n. 78 il provveditorato delle Opere Pubbliche della Puglia approva il progetto dell’edificio scolastico di Laterza redatto dall’ing. Francesco Ruggieri.

     

    Il giorno 11 Ottobre dell’anno 1928 si procede alla pubblica asta, con il sistema della candela vergine,  per l’appalto dei lavori alla presenza del Podestà cav. Uff. avv. Sig. Giuseppe Russi. La gara viene vinta dal sig. AUGENTI Nicola fu Gaetano da Taranto al prezzo di lire 848.000.

     

    Nello stesso giorno viene stipulato il contratto d’appalto con la ditta vincitrice. La direzione Lavori è affidata all’ing. Progettista sig. Ruggieri Francesco.

     

    Il capitolato speciale d’appalto nella descrizione delle opere riporta: costruzione di un edificio a due piani e con tetto di protezione ed un piccolo ammezzato per alloggio del custode. Un sotterraneo per cessi per il collocamento dei bottini mobili ed attiguo pozzo nero; un altro piccolo sotterraneo per due cessi. Due cisterne per la raccolta delle acque di pioggia.

     

    L’edificio si compone di tre corpi di fabbrica doppi. L’altezza del fabbricato è di 12 metri; lo spessore dei muri perimetrali è non minore di 0,80, i muri interni hanno spessore di 60 cm. Le finestre delle aule e dei corridoi hanno la larghezza di 1,20 cm e le superfici di mq 2.845. Le porte delle aule hanno dimensioni 1,20 x 2.70.

     

    Nel capitolato si specifica la qualità e provenienza dei materiali, in particolare il pietrame sarà omogeneo e delle migliori qualità dell’agro di Laterza, il tufo proverrà dalle migliori cave della Guardiola.

     

    Questa prima asta viene annullata dalle Autorità Superiori di Prefettura. La seconda asta viene vinta dal sig. Domenico Murgolo e con un ribasso d’asta del 14,35%.

     

    Il 16 Gennaio 1929 viene stipulato a Laterza un nuovo contratto per la costruzione dell’edifico scolastico e registrato a all’Ufficio del Registro di Castellaneta l’8 Febbraio 1929 con l’appaltatore sig. Domenico Murgolo di Bitonto.

     

    Il 20 Marzo 1929 si procede alla consegna dei lavori ed il tempo utile per la ultimazione dei lavori veniva stabilito in 30 mesi naturali e consecutivi.

     

    Il 30 Gennaio 1930 l’ing Francesco Ruggieri redige una perizia suppletoria relativa a variazioni da apportare  nei tipi e nelle quantità. Le variazioni consistono nell’adozione di una struttura muraria per fondazioni costituita da calcestruzzo con malta idraulica anziché da pietrame calcareo. Tale modifica è consigliata dal fatto che nel corso degli scavi lo strato resistente non presenta una falda orizzontale ma discontinua, essendo costituita da asperità e fossi.  

     

    Immagine dell’edificio in costruzione

    Immagine dell’edificio in costruzione

     

    Il 12 Aprile 1932 l’appaltatore presenta per iscritto domanda per ottenere che venisse accertato l’ultimazione dei lavori.

     

    Il 18 Maggio 1932 l’ing. Francesco Ruggieri, Direttore dei Lavori, procede al sopralluogo per la verbalizzazione della ultimazione lavori, durante il quale ha constatato che i lavori risultavano ultimati sin dal 18 aprile come da precedente sopralluogo.

     

    I termini per la ultimazione lavori furono prorogati una prima volta di mesi 5 pari a quello durante il quale i lavori rimasero sospesi, essendo venuto a mancare la continuità del finanziamento, una seconda proroga di due mesi in considerazione dei maggiori lavori eseguiti.

     

    Essendo stati i lavori ultimati il 18 aprile 1932, si è avuto l’anticipo di giorni uno rispetto alla data del 19 aprile che è quella della nuova scadenza in base alle due proroghe concesse.

     

    Cartolina d’epoca con l’edificio terminato

    Cartolina d’epoca con l’edificio terminato

     

    L’8 Agosto 1932 viene redatto il progetto per la costruzione della palestra ginnastica coperta per l’importo di lire 115.000, approvato dall’On. Provveditorato alle OO.PP. in data 9 Ottobre 1932.

     

    Il 20 Dicembre 1932 veniva redatto il progetto di ampliamento dell’edificio scolastico con la costruzione di n. quattro aule che il comune di Laterza affidava all’ing. Francesco Ruggieri per un importo lordo di lire 145.000.

     

    Sin dall’inizio della ricostruzione della storia della scuola grazie anche ad alcune testimonianze di persone che avevano frequentato la scuola negli anni 40 e tutt’ora viventi, l’idea dell’ampliamento degli anni cinquanta non convinceva perché di questo non vi era traccia nei ricordi delle persone ma soprattutto nella documentazione che dopo gli anni trenta risultava essere alquanto completa. Ciò che aveva indotto a pensare che l’ampliamento fosse degli anni cinquanta era stato l’utilizzo delle differenti tecniche costruttive come il cornicione del coronamento in cemento armato mentre nel resto dell’edificio il cornicione è in tufo, ed il solaio piano al posto della copertura a falda con capriate lignee.

     

    Ecco perché nel ritrovare i documenti del progetto di ampliamento del 1932 si è subito pensato che sia proprio l’ampliamento della parte oggetto del nostro progetto.

     

    Benché l’opera non fosse ancora terminata, si procede all’ampliamento dell’edificio per esigenze di nuove aule a causa dell’aumento del numero degli alunni, fatto già evidenziato peraltro nella relazione del 1913. Pertanto la soluzione più ovvia è quella di ritornare ad “allungare” una delle due ali aggiungendo altre quattro aule e un ampio salone, oggi denominato teatrino.

     

    Il 18 febbraio 1933 il progetto di ampliamento veniva approvato dal Provveditorato alle Opere Pubbliche.

     

    Il 3 ottobre 1933 l’impresa Murgolo in una raccomandata fa presente al Podestà che il collaudo non è stato ancora effettuato e pertanto chiede gli interessi al tasso del 6%. E’ facile supporre che si stesse aspettando la realizzazione dell’ampliamento per poi collaudare l’opera nella sua interezza.

     

    L’8 Novembre 1933 si registrava il contratto tra il Comune di Laterza e l’impresa ing. Cav. Matteo Ricco fu Nicola.

     

    L’11 dicembre 1933 viene effettuata la consegna dei lavori con dichiarazione da parte dell’impresa che i lavori potranno essere iniziati il 18 Dicembre 1933, giorno dal quale incomincerà a decorrere il termine contrattuale per la ultimazione dei lavori. Pertanto il tempo utile per l’ultimazione lavori essendo fissato in mesi quattro la scadenza veniva a ricadere il 17 Aprile 1934.

     

    L’impresa chiese una proroga di mesi sei a causa dello scarso lavoro eseguito per il maltempo, proroga concessa dal sig. Podestà rimandando così i lavori al 17 settembre 1934.

     

    In data 23 Agosto 1934 si redigeva la perizia suppletiva di maggiori lavori approvata dal Provveditorato alle Opere Pubbliche il 22 Giugno 1935.

     

    Il 5 Settembre 1934 vennero ultimati i lavori principali e suppletivi.

     

    In data 30 Luglio 1935 si redigeva lo stato finale dei lavori principali e suppletivi firmato con riserva dall’impresa.

     

    Il 15 Gennaio 1936 il Provveditorato alle Opere Pubbliche delegava per il collaudo dei lavori Ing. Bavisotto, Ingegnere Principale del Genio Civile a riposo, domiciliato a Napoli, alla via Posillipo n. 299.

     

    Il 30 Gennaio 1936 ha luogo la visita di collaudo alla presenza del cav. Uff. Gaetano Bavisotto(collaudatore) del cav. Vincenzo De Luca, ingegnere del Genio Civile di Taranto; ing. Francesco Ruggiero, direttore dei Lavori; sig. Russi Francesco Commissario Prefettizio del Comune di Laterza; ing. Cav. Matteo Ricco, appaltatore.

     

    Il verbale di visita (che reca data 20 Maggio 1936) risulta essere fondamentale per la comprensione di come si è evoluta la costruzione della struttura e perché la nostra ipotesi avesse prova definitiva. Nel verbale infatti viene descritta l’ampliamento eseguito ed in particolare si parla di un grande salone seminterrato di m. 19,00x 6,97(il teatrino). In altri termini l’ampliamento del 1932 composto da 4 nuove aule e dal salone seminterrato è proprio la parte interessata dai lavori in oggetto, erroneamente ritenuto fin ora un’ ampliamento degli anni 50. Le diverse tecniche costruttive e i diversi materiali utilizzati nonostante fossero passati solo tre anni dall’inizio lavori della struttura principale, aveva fatto supporre che l’ampliamento fosse stato realizzato negli anni cinquanta.

     

    Questo “rilettura” dell’edificio anticipa anche l’uso del cemento armato nella città di Laterza;  infatti fino ad ora si è sempre ritenuto che il primo utilizzo del cemento armato fosse stato quello del mercato coperto, ora gazebo dell’arte, di fronte alla Casa Comunale datato anni ‘40.

     

    Immagine con ampliamento dopo il 1932

    Immagine con ampliamento dopo il 1932

     

     

    2015-2016 “Lavori di manutenzione straordinaria del cornicione del plesso scolastico A. Diaz Laterza (Ta)”

     

    Arch. Francesca Clemente.

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